La FA rappresenta la più frequente aritmia cardiaca di rilevanza clinica; interessa oltre l’1% della popolazione e la sua importanza è legata al fatto che essa aumenta di ben 5 volte il rischio di ictus. Fatta la diagnosi, il passaggio successivo consiste nella terapia anticoagulante per ridurre il rischio di ictus e nell’identificare le cause predisponenti che necessitano di cure specifiche.
La fibrillazione atriale (FA) rappresenta la più frequente aritmia cardiaca di rilevanza clinica, con una stretta correlazione con l’età avanzata: interessa, infatti, oltre l’1% della popolazione generale, con tassi di prevalenza che vengono segnalati in costante aumento in tutto il mondo, e che arrivano a superare il 15% negli ultraottantacinquenni.
L’Italia è oggi uno dei paesi più vecchi del mondo, con una percentuale di ultrasessantacinquenni che supera ormai il 22% della popolazione generale. Pertanto, le patologie età-correlate rivestono una grande importanza per il SSN ed il loro impatto è destinato ad aumentare insieme all’aspettativa di vita.
L’importanza della fibrillazione atriale è legata al fatto che essa aumenta di ben 5 volte il rischio di ictus cerebrale. Infatti questa aritmia può provocare la formazione di coaguli all’interno del cuore, in grado di arrivare al cervello causando un ictus che viene quindi definito cardioembolico, in quanto determinato da un embolo a partenza cardiaca.
L’85% degli ictus cerebrali sono su base ischemica, e oltre un quarto degli ictus di natura ischemica sono attribuiti alla fibrillazione atriale.
E’ di fondamentale importanza “intercettare” il più rapidamente possibile i pazienti con FA. Una volta fatta la diagnosi, il passaggio successivo consiste nello stabilire la necessità di una terapia anticoagulante per ridurre il rischio di ictus e nell’identificare le cause predisponenti che spesso necessitano di cure specifiche.
L’ictus cerebrale rappresenta la prima causa di disabilità nel soggetto anziano, la seconda causa di morte e di demenza nei paesi occidentali. Ogni anno in Italia l’ictus colpisce 200.000 persone, una ogni 3 minuti, e si valutano in circa un milione gli italiani che portano le conseguenze di questa patologia.
L’ictus cerebrale dovuto a fibrillazione atriale riveste particolare gravità, con un aumento sia della mortalità che della disabilità rispetto ad ictus che riconoscano altre cause. I costi diretti annui (quindi solo a carico del SSN) attribuiti ad ictus cerebrale in Italia sono stimati in 3,7 miliardi di Euro.
Oltre un quarto di questi costi sono dovuti al “peso” determinato dall’ictus cardioembolico da fibrillazione atriale.
Fattori predisponenti la FA
Le condizioni predisponenti o che favoriscono la progressione della malattia sono: ipertensione arteriosa, obesità, diabete mellito, insufficienza renale cronica, ipertiroidismo e tutte le malattie cardiache organiche (cardiopatie congenite, coronaropatia, malattie valvolari, scompenso cardiaco).
Inoltre possono favorire la FA l’abuso di alcol, droghe e caffeina. In molti casi comunque, la FA si manifesta in assenza di fattori predisponenti.
I farmaci
La gestione della FA intende ridurre i sintomi e il rischio di gravi complicanze ad essa associate, come appunto l’ictus. Oltre agli antiaritmici, utili nel controllo della del ritmo cardiaco, sono attualmente disponibili due tipologie di farmaci anticoagulanti, in grado di ridurre il rischio di ictus cerebrale di oltre il 70%: i farmaci di vecchia generazione, che richiedono un attento monitoraggio dell’azione anticoagulante attraverso regolari esami del sangue, e, da qualche anno, la nuova generazione degli anticoagulanti orali (NAO/DOAC), che hanno ampliato le possibilità terapeutiche mirate a ridurre le complicanze legate a questa importante aritmia.